
Il Maurizio Gasparri, capo gruppo Forza Italia al Senato, ha picchiato duramente la Lucia Goracci, corrispondente TG3 della RAI durante la puntata in diretta di Re‑Start Studi RAI 3, Roma il 29 settembre 2025, accusandola di negazionista sui tragici eventi del 7 ottobre 2023. L’attacco è avvenuto mentre Goracci era fuori dallo studio, incapace di difendersi sul momento.
Il contesto dell’attacco
Durante la sua intervista, Gasparri ha richiamato le dichiarazioni della giornalista della scorsa settimana, quando aveva riferito le parole dell’allora premier israeliano Benjamin Netanyahu: “riconoscere lo Stato di Palestina è un premio ai killer del 7 ottobre, agli stupratori, a chi ha bruciato bambini”. Goracci aveva contestato la parte finale, definendola “fake news” basandosi su inchieste giornalistiche che, a suo avviso, non trovavano prove di bambini bruciati.
Gasparri, visibilmente irritato, ha mostrato al pubblico una foto di un bambino apparentemente bruciato – senza indicare la fonte – sostenendo che l’immagine dimostrasse la falsità della posizione di Goracci. “La Goracci si vergogni”, ha dichiarato, “è una bugia che offende l’intero popolo”.
Le reazioni immediate
Il giornalista televisivo Enrico Mentana, presente al dibattito elettorale in Marche e Valle d’Aosta, ha chiesto chiarimenti. Mentana ha ricordato che molti dettagli degli attacchi del 7 ottobre non sono ancora stati verificati, insinuando che la foto di Gasparri potesse essere fuorviante.
Nel giro di poche ore, la protesta è salita di tono. Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha difeso Goracci con una dichiarazione ferma: “L’onorevole Gasparri ha attaccato a freddo l’inviata del TG3, un’accusa ingiustificata che colpisce la dignità del servizio pubblico”. Bartoli ha chiesto alla RAI di garantire a Goracci il diritto di replica entro 48 ore.
Il Consiglio di Redazione del TG3 ha pubblicato un comunicato di solidarietà, definendo l’attacco “inaccettabile” e ribadendo l’impegno della redazione per un’informazione basata su fatti verificati.
Il punto di vista delle comunità e dei partiti
La Comunità Ebraica di Milano, attraverso il delegato alla comunicazione Davide Blei, ha definito “grave” la diffusione da parte della RAI di quello che definisce “falsità” sul conflitto, chiedendo una rettifica formale.
Parallelamente, membri del Partito Democratico nella Commissione di vigilanza sulla RAI hanno interrogato il governo sul rispetto dell’indipendenza giornalistica, sottolineando che i politici non devono usare la piattaforma pubblica per attacchi personali.
Il dibattito sulla verifica delle fonti
Il caso ha riacceso il dibattito sulla verifica delle fonti nei media pubblici. La foto mostrata da Gasparri non è mai stata tracciata a una fonte credibile; alcuni esperti di fact‑checking hanno suggerito che potrebbe trattarsi di un’immagine di un conflitto diverso, riutilizzata fuori contesto.
Un recente rapporto del Centro Italiano per il Fact‑Checking (CIFC) indica che, dal 2023, il 27 % delle immagini condivise sui social relative al conflitto israelo‑palestinese risultava non verificato o manipolato. Questo dato rende ancora più importante il ruolo dei giornalisti di rete come Goracci, che spesso si trovano a dover smontare notizie virali prima che diventino “verità accettate”.
Cosa potrebbe succedere dopo
Gasparri ha proposto un “dibattito” pubblico con Goracci, ma la giornalista ha finora rifiutato, preferendo una risposta formale scritta da parte della RAI. Se la direzione di RAI concederà il diritto di replica, si prevedono due scenari: una difesa dettagliata di Goracci, con dati di inchieste e fonti ufficiali, o un’escalation mediatica che potrebbe coinvolgere ulteriormente le forze politiche.
Nel frattempo, le associazioni giornalistiche hanno avviato una petizione per chiedere al Parlamento un’indagine sulla libertà di stampa nei mezzi pubblici, con l’obiettivo di prevenire future “denunce… a freddo” da parte di politici.
Riflessioni sul futuro dell’informazione pubblica
Il caso evidenzia la tensione tra libertà di espressione e responsabilità di chi detiene potere politico. Se i parlamentari possono lanciare accuse gravi senza fornire prove concrete, si crea un clima di intimidazione che può erodere la fiducia dei cittadini nei media.
Al contempo, le redazioni devono rafforzare i propri protocolli di verifica, soprattutto quando si trattano temi sensibili come le violenze di guerra. L’adozione di sistemi di tracciamento delle immagini (es. reverse image search) e la collaborazione con centri di fact‑checking internazionali potrebbero diventare standard obbligatori.
Frequently Asked Questions
Perché Gasparri ha definito Goracci una "negazionista"?
Gasparri ha ritenuto che le affermazioni di Goracci, in cui definiva "fake news" le notizie di bambini bruciati il 7 ottobre, fossero una negazione dei fatti di guerra, sostenendo che la foto da lui mostrata provava il contrario. Tuttavia, non ha fornito una fonte verificabile per l’immagine.
Quali sono le conseguenze per la RAI se non garantirà a Goracci il diritto di replica?
Una mancata risposta potrebbe scatenare azioni legali da parte dell’Ordine dei Giornalisti e ulteriori pressioni da parte del Parlamento. Inoltre, la credibilità della RAI come servizio pubblico rischierebbe di subire un danno permanente nella percezione del pubblico.
Che ruolo ha avuto la Comunità Ebraica di Milano in questa polemica?
Il delegato Davide Blei ha denunciato la diffusione di "falsità" sulla tragedia del 7 ottobre da parte della RAI, chiedendo una rettifica. La sua posizione ha aggiunto peso morale alla richiesta di un’informazione corretta e sensibile.
Qual è la posizione del Partito Democratico sulla vicenda?
I membri della Commissione di vigilanza sulla RAI, appartenenti al PD, hanno criticato l’attacco di Gasparri, sottolineando la necessità di tutelare l’indipendenza dei giornalisti pubblici e chiedendo al governo di vigilare su eventuali abusi di potere.
Cosa suggeriscono gli esperti di fact‑checking per evitare casi simili?
Raccomandano l’uso di strumenti di verifica delle immagini, la collaborazione con enti di fact‑checking indipendenti e la pubblicazione di note di trasparenza su come le prove sono state raccolte, per garantire che le notizie sensibili siano presentate con la massima accuratezza.